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18 marzo 2015

Cosa facciamo ogni giovedì?


Mi chiedo e vi chiedo: Cosa veniamo a fare qui ogni giovedì sera, intorno all'Arca di san Domenico?

Lo chiedo non perché non lo sappiamo, ma per ricordarcelo sempre, fare memoria di ciò che ci riunisce costantemente una volta a settimana qui, presso il sepolcro di san Domenico. Siamo qui per pregare insieme, uniti nella preghiera per innalzare al Signore le nostre suppliche, silenziose e non, per tanta gente che si affida alla nostra preghiera e per i nostri confratelli sparsi per il mondo. 
Teniamolo sempre presente, teniamo presente questa responsabilità che ci è stata affidata.

Non siamo qui per routine, ne per fare sfoggio di liturgia, ne per ascoltare una lista di nomi che spesso ci fa sorridere, magari far vagare il pensiero altrove; non siamo qui per mettere a giudizio colui che ci offre una breve meditazione (e non lo dico perché questa settimana tocca a me); noi siamo qui per pregare! Si! Essenzialmente per pregare e con una modalità particolare, “pregare insieme per qualcuno che ha bisogno”. La nostra preghiera è sostenuta dalla stessa liturgia curata da alcuni di noi, liturgia che tramite gesti e parole ci aiuta a vivere meglio questo momento comunitario. La nostra preghiera è accompagnata da una breve meditazione che ciascuno di noi puntualmente offre a noi stessi come comunità di studentato e a quelle persone che ci seguono, non come un vago parlare di qualcosa di filosofico, teologico o spirituale, ma come spunto di riflessione per la nostra vita, inanzi tutto di credenti e poi di religiosi. La cosa importante ed essenziale è che questo spunto che ci viene offerto proviene dalla stessa Parola del Signore, da grandi personaggi della Chiesa o dalla figura del nostro amato fondatore san Domenico.

Quest'oggi scelgo di aiutare la mia e vostra riflessione proprio parlandovi di Domenico; ho scelto questo breve inciso tratto dagli del beato Giordano per dire qualcosa di Domenico e parlando di lui parlare di nostro Signore.
Chi sarà mai capace d'imitare la virtù di quell’ uomo? Possiamo ammirarlo e misurare dal suo esempio la pigrizia del nostro tempo. Ma poter ciò che egli potè, supera le umane capacità, è frutto di una grazia unica, a meno che la bontà misericordiosa di Dio non si degni forse di innalzare qualcuno a un simile fastigio di santità. Ma chi è da tanto?

Imitiamo perciò, o fratelli, come possiamo, le orme del padre e nello stesso tempo ringraziamo il Redentore per aver dato a noi suoi servi, sulla via che percorriamo, un tale condottiero per mezzo del quale egli ci ha rigenerati alla luce di questa nostra forma di vita religiosa. E preghiamo il Padre delle misericordie affinchè, governati da quello Spirito che fa agire i figli di Dio, percorrendo la strada che percorsero i nostri padri, senza deflettere possiamo pungere anche noi a quella stessa meta di perpetua felicità ed eterna beatitudine, nella quale felicemente e per sempre egli è entrato. Amen.
Domenico ha scelto di seguire Cristo, proprio come dice un noto testo, “prese l'ufficio del Verbo”; nella sua scelta di vita si è messo totalmente nelle mani di Dio, cosciente che senza di Lui l'uomo non può nulla, come ci ricorda lo stesso Cristo Gesù nel passo del vangelo di Giovanni (5, 15). Ricco di virtù ha seguito il Divino Maestro che lo ha ricolmato di infinite grazie dove la sua capacità umana non arrivava.

Il beato Giordano chiedeva, e lo fa ancora oggi, chi è in grado di imitarlo? Beh noi dobbiamo calcare le orme del nostro Domenico che a sua volta a seguito quelle del Signore Gesù, magari non sarà semplice (non lo è stato neanche per Domenico), ma almeno con la nostra umanità cercheremo di seguire fiduciosi il suo esempio, il suo cammino, il suo itinerario, il programma di vita che ci ha donato. Troppo spesso (consentitemi di dirlo) a mio giudizio, dimentichiamo della figura di Domenico e magari deviamo il nostro pensiero a cose “forse” più interessanti, più “alte” o più frivole, non dico di farne il centro della nostra vita, il centro di tutto per noi è Cristo, ma in lui ritrovare le nostre radici (spesso mi viene da pensare il profondo legame che unisce san Francesco e i suoi frati, per lo meno lo citano sempre; noi lo facciamo di Domenico?) Quest'uomo nella sua semplicità, nel suo desiderio, nella sua arguzia , insomma nella sua umanità è riuscito a portare avanti un grandioso progetto, sicuramente non per i suoi meriti ma perché si è affidato totalmente alla volontà di Dio. E' riuscito ad incarnare perfettamente ciò che un predicatore del Vangelo deve fare è cioè “predicare”, e predicare ciò che contemplava e questo perché lo sperimentava costantemente, che “la bocca parla dalla pienezza del cuore” come ci dice San Luca nel suo Vangelo (Cfr. Lc 6, 45). 

Domenico nel suo progetto quello che chiedeva, e chiede tutt'oggi, è la vita comune e l'obbedienza, quello che ci ha lasciato in eredità però è altrettanto fondamentale per la nostra scelta, poche parole che la tradizione del nostro ordine ci ha tramandato: “Abbiate la carità, conservate l'umiltà, possedete la povertà volontaria”.


Di certo il programma che sta dietro questa sua volontà non è da poco, ma come ha fatto lui, affidiamo il nostro essere limitati nelle mani di Dio, in maniera totale, in un amorevole abbandono al Padre. Come possiamo, dobbiamo sforzarci di vivere ciò che ci ha chiesto e lo stiamo facendo anche in questa occasione, durante la nostra preghiera all'Arca, dove  ritroviamo ancora una volta la dimensione comunitaria nella unanime preghiera, insieme preghiamo per coloro che ricorrono a noi. Nello spirito di obbedienza, lo facciamo non come un semplice gesto di obbedienza a qualcosa, ma come un accettare la volontà di Dio su di noi. Padre Lagrange in riguardo diceva che 
“L'obbedienza ci libera da due schiavitù: quella della volontà propria [ che non è conforme a quella di Dio] e quella del proprio giudizio. Il motivo formale dell'obbedienza non è già che la cosa comandata ci sembri ragionevole in se stessa, ma perchè è comandata da un superiore legittimo, rappresentante spirituale o temporale di Dio.”
Canteremo  O spem miram, magari lo facciamo come una semplice ripetizione di ciò che si deve fare perché la liturgia è stata impostata così, ma se scrutiamo bene le parole che ripetiamo, sapremo coglierne il vero senso di questo splendido responsorio rivolto al nostro padre fondatore:

O mirabile speranza, che tu hai donato a coloro che piangono nell’ora della morte e ai tuoi fratelli per il futuro dopo la morte. Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere.Tu che con tanti segni sei apparso nei corpi degli ammalati portandoci l’opera di Cristo, allontanaci dal peccato.Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere.Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo.Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere. 

Sicuri che egli ci ascolta e intercede presso il trono dell'Altissimo, gli chiediamo di rafforzare la nostra debolezza offrendoci l'aiuto di nostro Signore.  Ma adesso mi chiedo: siamo degni di chiedergli questo?...Abbiamo rispettato il suo testamento? Lascio a voi la riflessione; Sicuramente il nostro affidarci  a lui comunque, produrrà gli effetti desiderati, perché la preghiera, e la preghiera vera, produce sempre il bene.

Fratelli la nostra vita deve essere una preghiera costante; la mia, la vostra vita deve essere una preghiera invisibile e visibile allo stesso tempo. Invisibile per il rapporto speciale che instauriamo con nostro Signore e visibile perché si concretizzi nella nostra vita con il nostro operare. Come il nostro santo padre Domenico dobbiamo fare della preghiera il nostro stile di vita,...in tutto ricorrere alla preghiera. Questo possiamo raggiungerlo con  diverse modalità, ma tra queste una sicuramente è l'attuare quelle parole che ci sono state tramandate come dono: 

Abbiate la carità; facciamo nostra la carità fraterna. Spesso ci ridiamo su, ma è essenziale per ognuno di noi che abbiamo scelto questo stile di vita. Ognuno di noi ha bisogno di essere caritatevole l'uno con l'altro, guai se ci fosse indifferenza, una mano tesa mancata, un vago e annoiato ascoltare l'altro.. avremmo fallito.

Conservate l'umiltà; lasciamo da parte il nostro ego e dedichiamoci più all'ascolto, custodiamo un cuore umile e conforme alla legge del Signore per ritrovare nella nostra pochezza la grandezza dell'essere figli di Dio e fratelli in Cristo Signore.

Possedete la povertà volontaria; costituirla in noi come parte integrante, consapevoli che la nostra povertà non è una povertà esclusivamente materiale, ma ben altro. La nostra povertà deve essere la nostra ricchezza e la nostro tesoro è qualcosa di prezioso; ripercorrendo le parole di Pietro allo storpio: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!”; lo scrigno del nostro tesoro, la nostra unica ricchezza, deve essere Cristo.

Mi viene da citare un grande santo dottore della Chiesa “Cessino ve ne prego le parole parlino le opere”(sant'Antonio da Padova), ma noi siamo predicatori, la parola, e dico la Parola vera deve essere sempre nella nostra bocca, ma sarà veramente tale quando le opere che compiremo la confermeranno sottoscrivendola e rendendo visibile ciò che vuol dire veramente. Ricordiamolo sempre.

Viviamo questo tempo di quaresima come tempo favorevole,..è questo il tempo! Magari non riusciremo a trasformarci totalmente, ma possiamo utilizzare questo tempo non come un momento per portare a compimento magari qualche fioretto ( il che non è male), ma anche utilizzare questo tempo per vivere questa carità che dobbiamo avere, questa umiltà che dobbiamo conservare, questa povertà che dobbiamo possedere...questo è il tempo favorevole! E tutto questo per seguire sempre meglio nostro Signore nella scelta di vita che che ognuno di noi ha fatto. Questo è il tempo favorevole!

Voglio lasciare alla vostra meditazione solo cinque verbi da tener presente:

  • Pregare 
  • Imitare 
  • Avere 
  • Conservare 
  • Possedere
...lascio a voi l'associazione di queste azioni nella propria vita.

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