
Fin dal IV secolo, almeno per la Chiesa di Gerusalemme, è usanza ricordare l’ingresso del Signore a Gerusalemme che, secondo il racconto Evangelico, avvenne una settimana prima della Pasqua. Nella Liturgia cattolica questa particolare celebrazione ha assunto ben presto il nome di “Domenica delle palme”, in riferimento ai rami che la grande folla di Gerusalemme agitava acclamando ed accogliendo Gesù alle porte della Città santa.
Secondo un’antica consuetudine, ancora oggi conservata, è usanza accompagnare la processione con i rami d’ulivo che commemora il solenne ingresso del Signore con il canto del salmo 23 che per due volte ripete la calorosa esortazione “Sollevate porte i vostri frontali, alzatevi porte antiche, ed entri il Re della Gloria”. A prima vista questa frase può sembrare al quanto marginale nel complesso dell’azione liturgica, eppure in essa è contenuto un verbo capace di esprimere molto bene il senso dell’intera celebrazione: entrare.

L’ingresso del Figlio di Dio a Gerusalemme non è solo il naturale epilogo di un lungo viaggio che egli ha iniziato in Galilea, ma è segno tangibile di una svolta nella sua missione. Non è più il tempo dei grandi discorsi alle folle delle parabole, dei segni prodigiosi; tutto questo deve rimanere all’esterno. Gesù entra nella Città santa per dare compimento al mistero salvifico della sua Morte e Risurrezione. Dopo aver varcato le porte della città tutto sarà orientato a questo.

La Celebrazione della Domenica delle Palme è quindi una pressante esortazione a non “iniziare” semplicemente la Settimana santa, ma ad “entrare” in essa con fede e devozione, lasciando fuori ogni meschina ambiguità, ogni angustia e ogni oppressione, tenendo lo sguardo fisso su Colui che con la sua morte ha lavato le nostre colpe e con la sua resurrezione ci ha acquistato la salvezza. In questo modo si apriranno le porte del cuore degli uomini e il Re della gloria potrà finalmente entrarvi.
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