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24 gennaio 2010

II-III. Obbedienza vs. disobbedienza

Durante un campo estivo ad Onè, qualcuno chiese a fra Daniele quale fosse, dei tre voti, il più difficile da mantenere. Tutti si aspettavano che rispondesse: "la castità!" e, invece, disse: "l'obbedienza!". La risposta mi colpì al punto che me la ricordo ancora.

Personalmente, prima di decidere se entrare in convento, ho riflettutto più sulla castità che sull'obbedienza, però ho fatto in fretta a capire che fra Daniele diceva la verità.
In fin dei conti, con povertà e castità uno sa cosa "compra" e a cosa rinuncia. Con l'ubbidienza no! Se i tuoi superiori ti comandano quello che ti piace o ti sembra giusto, ubbidire è facilissimo. Ma provate voi ad ubbidire ad un ordine assurdo, scemo o controproducente!

Umberto di Romans, nella sua lettera all'Ordine, dice chiaro e tondo a cosa si rinuncia con l'obbedienza: a ciò che c'è di più nobile nell'anima, la libertà della volontà. E' una rinuncia scandalosa, oggi come ieri. Oggi, magari, ancora di più... vista la (giusta) importanza che diamo all'autonomia e all'emancipazione personale. Ma tanto più è scandalosa, tanto più è importante, come segno e testimonianza di ciò che nella vita conta di più (e no, non è la libertà di fare ciò che ci piace).


II. Con cura scrupolosa, fratelli carissimi, sforziamoci di insistere nel praticare le virtù per le quali ci conformeremo a Cristo, ci formeremo sulla strada della perfezione e ci trasformeremo per la gloria. E chi dubita che l'obbedienza non sia una di queste virtù?

Infatti, il nostro Salvatore abbracciò l'obbedienza al punto che, fatto obbediente fino alla morte (Fl 2), si lasciò condannare al supplizio della croce. Per obbedienza Abramo, padre di molti popoli, lasciò la sua terra e la sua casa e si piegò fino ad immolare il suo amatissimo figlio (Gn 22). Per obbedienza Giosuè invase la terra promessa e falcidiò i nemici con la sua spada (Gs 14, Num 13, Es 17).

Vi incoraggio e vi esorto nel Signore a serbare con maggiore sollecitudine la virtù dell'obbedienza, in quanto, senza di essa, non c'è salvezza per i religiosi. Sappiate certissimamente che, presso di Dio onnipotente, l'obbedienza è un dono accetto, grazie al quale viene catturato in favore di Cristo ciò che c'è di più nobile nell'anima, e cioè la libertà della volontà.

Per questa ragione è cosa buona e giusta che colui che quanto più saldamente lega se stesso nell'obbedienza, tanto più gloriosamente venga poi elevato in cielo. Sicuramente ci accenna alla stessa cosa l'esempio di quel frate a cui vennero mostrati i quattro tipi di virtù e vide in cima proprio chi ha rispettato l'obbedienza.

IV. Al contrario, la disobbedienza è proprio odiosa! Infatti, è paragonabile al delitto dell'idolatria (1Re 15). Disobbendendo si commette in spirito o un furto o una rapina. Se si disobbedisce di nascosto, si tratta di furto; se lo si fa apertamente, allora è una rapina: in entrambi i casi ci appropriamo, contro il volere del padrone, di una cosa altrui. Infatti, rivendichiamo ingiustamente la volontà che abbiamo abbandonato a favore di Cristo. Non ingiustamente, quindi, il nostro padre Adamo viene privato, a causa della disobbedienza, di immortalità ed innocenza ed è scacciato dalle meraviglie Paradiso per finire relegato in questa valle d'infelicità (Gen 3). Così si capisce bene la gravità di questa colpa.

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