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11 febbraio 2010

Sessualità ed Eucarestia - II

Abbiamo pubblicato qui la prima parte di un intervento di Timothy Radcliffe, ex maestro generale dell'ordine domenicano, sul tema della sessualità. Ora segue la seconda parte, e post dopo post lo pubblicheremo tutto. Buona lettura.

Dall'eucarestia alla sessualità e ritorno. Per capire


La relazione sessuale è chiamata ad essere una forma di vivere questo dono di se stessi. Sono qui e mi dono a te, con tutto quello che sono, ora e sempre. Allora l'eucarestia ci aiuta a capire cosa significa per noi essere individui dotati di sessualità, e la nostra sessualità ci aiuta a capire l'eucarestia. Generalmente si vede l'etica sessuale cristiana come restrittiva rispetto ai costumi contemporanei. La Chiesa ti dice esattamente quello che non è permesso fare! In realtà, alla base dell'etica sessuale cristiana c'è l'apprendimento di come vivere relazioni di donazione mutua.

L'Ultima Cena è stato un momento di crisi inevitabile nell'amore di Gesù per i suoi discepoli. È stato il momento per il quale è dovuto passare nel suo cammino dalla nascita alla resurrezione, il momento in cui tutto è esploso. È stato venduto da uno dei suoi amici; la rocca, Pietro, era sul punto di rinnegarlo e la maggioranza dei suoi discepoli sarebbero scappati correndo. Come sempre, furono le donne a mantenersi tranquille e a rimanere fino alla fine! Gesù, all'Ultima Cena, non è andato via fuggendo dalla crisi, ma ha preso il toro per le corna. Ha preso il tradimento, il fallimento dell'amore, e l'ha trasformato in un momento di donazione: "Mi consegno a voi. Voi mi avete consegnato ai romani perché mi uccidano. Mi consegnerete alla morte, ma io faccio di questo momento un momento di dono, ora e sempre".

Arrivare ad essere persone mature che amano significa che ci imbatteremo in queste crisi inevitabili, nelle quali il mondo sembra andare in pezzi. Questo succede in modo drammatico quando si è adolescenti, e può succedere in tutta la nostra vita, tanto se ci sposiamo quanto se ci facciamo religiosi o sacerdoti. Spesso questo genere di crisi avviene cinque o sei anni dopo aver preso il proprio impegno, nel matrimonio o nell'ordinazione sacerdotale. Dobbiamo affrontarle.

Gesù avrebbe potuto scappare dalla porta di dietro. Avrebbe potuto rifiutare i suoi discepoli e non aver voluto avere niente a che fare con loro. Ma no, egli ha affrontato il momento nella fede. E noi saremo capaci di aiutare i giovani a fare questo solamente se noi stessi saremo passati per momenti così e se li avremo affrontati. Io l'ho fatto! Ricordo che, alcuni anni dopo l'ordinazione, mi innamorai fortemente di una persona. Per la prima volta avevo incontrato una persona con la quale sarei stato felice di sposarmi e che sarebbe stata felice di sposarsi con me. Era questo il momento della mia scelta. Avevo fatto professione solenne con gioia, amavo le mie sorelle e i miei fratelli domenicani, amavo la missione dell'Ordine. Ma quando avevo fatto la professione avevo una piccola fantasia nella testa: "come sarebbe essere sposato?".

Dovetti accettare la scelta che avevo fatto nella mia professione solenne, o, meglio, dovevo accettare la scelta che Dio aveva fatto per me, che era questa la vita alla quale Dio mi chiamava. Fu un momento doloroso, ma anche di felicità. Ero molto felice perché amavo questa persona, e siamo ancora buoni amici. Era un momento di felicità perché stavo per liberarmi dalla fantasia che avevo mantenuto viva durante la professione solenne. Piano piano stavo scendendo dalle nuvole. Il mio cuore e la mia mente stavano per incarnarsi nella persona che sono, con la vita che Dio ha scelto per me, in carne ed ossa. La crisi mi ha riportato con i piedi per terra.
Alla maggior parte di noi questo non capita una sola volta. Possiamo attraversare varie crisi di affettività lungo la nostra vita. Io certamente le ho passate e chissà che non ce ne sia una dietro l'angolo. Ma dobbiamo affrontarle, come ha fatto Gesù nell'Ultima Cena, con coraggio e fiducia. Allora, se lo faremo, a poco a poco entreremo nel nostro mondo reale di carne ed ossa.

Un benedettino irlandese chiamato Mark Patrick Hederman scrisse: "L'amore è l'unico impeto che è sufficientemente straripante da forzarci ad abbandonare il confortevole rifugio della nostra beneamata individualità, spogliarci dell'impenetrabile guscio di autosufficienza e farci uscire gattonando nudi verso la zona del pericolo, il crogiolo dove l'individualità viene purificata per farsi persona" (Manikon Eros: Mad Crazy Love, Dublino 2000, p. 66). E se non credete ad un benedettino irlandese, sicuramente crederete in san Tommaso: "La persona che ama deve pertanto allentare questo cerchio che la manteneva all'interno dei propri limiti. Per questo si dice dell'amore che scioglie il cuore: ciò che è sciolto non è contenuto nei propri limiti, al contrario di quello che succede nello stato che corrisponde alla 'durezza di cuore'" (Comm on Sentences, III, 25, 1, 1, 4m). Solo l'amore rompe la nostra durezza di cuore e ci dà cuori di carne.

Amare è pericoloso!

Aprirsi all'amore è molto pericoloso. Uno, probabilmente, si fa male. L'Ultima Cena è la storia del rischio dell'amore. È per questo che Gesù è morto, perché ha amato. Uno che risveglia desideri e passioni profonde e sconcertanti può correre il pericolo di rovinare la propria vocazione e di vivere una doppia vita. Avrà bisogno della grazia per evitare il pericolo, ma non aprirsi all'amore è ancora più pericoloso, è mortale. Ascoltate C. S. Lewis: "Amare è in ogni caso essere vulnerabili. Ama qualcosa e il tuo cuore certamente sarà diviso e rotto. Se vuoi essere sicuro di mantenerlo intatto, non darlo a nessuno, neppure ad un animale. Avvolgilo attentamente in hobbies e piccoli lussi; evita ogni coinvolgimento amoroso; chiudilo al sicuro nell'urna o nella bara del tuo egoismo. Ma nell'urna - sicura, oscura, immobile, senza aria - cambierà. Non si romperà; diventerà infrangibile, impenetrabile, irrimediabile. L'alternativa alla tragedia, o almeno al rischio della tragedia, è la condanna. L'unico luogo, a parte il cielo, dove può essere perfettamente salvo da tutti i pericoli e perturbazioni dell'amore è l'inferno" (The Four Loves, Londra 1960, p 111).

Quando celebriamo l'eucarestia, ricordiamo che il sangue di Cristo è versato "per te e per tutti". Il mistero dell'amore, nel più profondo, è insieme particolare e universale. Se il nostro amore è solo particolare, allora corre il rischio di diventare introverso e soffocante. Se è solamente un vago amore universale per tutta l'umanità, allora corre il rischio di diventare vuoto e senza senso. La tentazione per una coppia è di tenersi un amore intenso ma chiuso ed esclusivo. Si salva appena dall'essere distruttivo con l'arrivo di una terza persona, il bambino che espande il loro amore. La tentazione dei celibi potrebbe essere tendere verso un amore che è solamente universale, un vago e caldo amore per tutta l'umanità. Dickens ci parla, in Black House, di Mrs. Jellyby che aveva una "filantropia telescopica", perché non poteva vedere niente che fosse più in qua dell'Africa. Amava gli africani in generale, ma non si curava della vita dei propri figli.

Non possiamo rifugiarci in questa filantropia telescopica. Avvicinarci al mistero dell'amore significa anche amare persone concrete, alcune con amicizia, altre con profondo affetto. Dobbiamo imparare ad integrare questi amori nella nostra identità come religiosi, come sposati o come single. Mi dicono che nel passato si soleva mettere in guardia i religiosi dalle "amicizie particolari". Il nostro venerabile Gervase Matthew diceva sempre che gli facevano più paura le "inimicizie particolari"!

Bede Jarret, domenicano, fu provinciale della provincia (dei domenicani) di Inghilterra negli anni '30. Una volta scrisse una bella lettera ad un giovane benedettino, di nome Hubert van Zeller, che dopo la guerra divenne un famoso scrittore di spiritualità. Questo giovane monaco si era innamorato di una persona che conosciamo solo come P. Fu un'esperienza spaventosa. Temeva che fosse la fine della sua vocazione religiosa. Bede vide che era il principio. Permettetemi di farvene una lunga citazione. È impressionante pensare che sia stata scritta settanta anni fa.

"Gioisco (del tuo innamoramento) perché credo che la tua tentazione sia sempre stata il puritanesimo, una costrizione, una certa mancanza di umanità. La tua tendenza era quasi la negazione della santificazione della materia. Eri innamorato del Signore, ma non autenticamente innamorato dell'incarnazione. Eri realmente spaventato. Pensavo (…) che, se ti fossi rilassato un momento, saresti esploso. Eri pieno di inibizioni. Quasi ti uccidevano. Quasi uccidevano la tua umanità. Ti faceva paura la vita perché volevi essere santo e sapevi che eri un artista. L'artista che è in te vedeva bellezza da ogni parte; l'uomo che voleva essere santo in te diceva: 'Caspita, ma questo è terribilmente pericoloso'; il novizio dentro di te diceva: 'tieni gli occhi ben chiusi'; Claud (il suo nome di battesimo), quasi saltavi per aria. Se P. non fosse entrato nella tua vita, saresti potuto scoppiare. Credo che P. salverà la tua vita. Dirò una messa di ringraziamento per quello che P. ha rappresentato, e ha fatto, per te. Da molto tempo avevi bisogno di P. I tuoi parenti non avrebbero potuto sostituirlo. Tantomeno i vecchi e corpulenti provinciali" (ed. by Bebe Bailey, Adam Belenger and Simon Tugwell. Letters of Bebe Jarret, Downside and Blackfriars, 1989, p. 180).

Non sto suggerendo che dovremmo tutti correre fuori di qui alla ricerca di qualcuno da amare! Dio ci invia gli amori e le amicizie che sono parte del nostro cammino verso di Lui, che è la pienezza dell'amore. Aspettiamo coloro che Dio ci invia e quando e come ce li invia. Ma quando arrivano, allora dobbiamo affrontare il momento, come fece Gesù nell'Ultima Cena.

Quando amiamo qualcuno profondamente, allora dobbiamo imparare ad essere casti. Ognuno, scapolo, sposato o religioso è chiamato alla castità. Non è una parola popolare di questi tempi, suona bacchettona, fredda, distante, mezzo morta, per niente attraente. Herbert McCabe, domenicano, ha scritto che "la castità che non è manifestazione d'amore è essenzialmente il cadavere della vera castità" (Law, love and language, p. 22).

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