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14 marzo 2010

XV-XVI. Una maglietta per 20

Il beato Umberto di Romans ha finito di parlare ai suoi confratelli del voto di ubbidienza e ora "mette mano" al tema spinosissimo della povertà. L'antico generale dei domenicani punta subito il mirino del discorso su un aspetto particolare della povertà. Non tratta della semplicità di vita dei conventi, nè di quanti bicchieri di vino si possano concedere i frati, nè se possano o meno piazzare un televisore LCD in mezzo alla sala comune. No. Per Umberto il primo problema è un altro: la condivisione dei beni. I frati, e il maestro generale lo dice chiaro e tondo, non devono considerare nulla come di proprietà personale, ma di tutti. Da questo punto di vista, povero non è chi vive miseramente, ma chi è disposto a spogliarsi di quello che ha indosso per darlo ad un suo fratello che glielo chieda.

Prima di provare la vita conventuale, ho fatto esperienza della povertà volontaria in una baraccopoli di Nairobi, dove ho trascorso qualche mese di servizio civile e dove i poveri lo sono davvero. Mi avevano assegnato a tenere compagnia ai ragazzi della "shamba": un campo con quattro baracca di laminato ai lati, una latrina in cima e, in fondo, quattro banane, cinque manioche e del sukumawiki sparso qua e là. Dentro ci stavano una ventina di giovani raccolti dalla strada e che non avevano nessun posto migliore dove andare.


Io facevo vita in comune con loro, e quindi mi lavavo (si fa per dire) le mie magliette e le appendevo dove loro appendevano le loro. Poi un giorno le mie magliette hanno cominciato a sparire e riapparire sulle spalle dei ragazzi. "Che sfrontati!" pensavo "non si prendono nemmeno la briga di nascondere quel che mi rubano!". Comunque ho nicchiato, fatto l'indifferente e recuperato quel che potevo. Ad un certo punto, però, le mie magliette non mi bastavano più e sarei dovuto andare in giro a pancia al vento. Così mi son detto: "Ora gliela faccio vedere io! Chi di maglietta ferisce, di maglietta perisce!" E mi son messo indosso una delle loro. Con mio grande stupore, nessuno ha detto bah! Nicchiavano anche loro? In realtà non sembravano proprio farci caso. Semplicemente non le consideravano di proprietà personale ma le condividevano tra tutti e consideravano naturale farlo con tutti quelli che si accampavano tra loro. E così mi hanno dato una lezione di povertà volontaria loro, che poveri lo sono per forza...

XV. E ora mettiamo mano ad un altro voto religioso, così vi spiego come dovete vivere senza proprietà personali. Dunque: dall'esempio di perfezione della Chiesa primitiva, potreste imparare a mettere ogni vostro bene in comune (At 2). Gli animali vi insegnano la medesima cosa condividendo le loro prede e, a turno, sacrificando loro stessi per gli altri. Anche le membra di un corpo vi indicano la via della condivisione dei beni, servendosi a vicenda.

XVI. La rinuncia alle proprietà ce la insegnò Cristo con il suo esempio. Il beato Domenico ce la impose sul letto di morte.

Anche la Sacra Scrittura ci spiega il medesimo concetto con tanti esempi. Infatti, in croce, Cristo venne spogliato dei suoi vestiti (Gv 19). Perciò è evidente quanto sia opportuno, anche per noi, denudarsi nudi di ogni proprietà. Lui stesso non aveva, come si dice, dove reclinare il capo (Mt 8, Lc 9).

San Domenico, mentre tornava a Dio, ci comandò, inoltre, l'umiltà, la carità e la povertà volontaria. Il nostro Padre ce ne diede anche l'esempio e, cioè, era povero di denari, ma - per la semplicità con cui viveva - appariva ricco . E si legge anche (Ap 12) che la luna veniva messa sotto ai piedi della donna vestita di sole. Così capiamo che dobbiamo calpestare tutto ciò che passa e va.

Continua qui.

1 commento:

  1. Stupenda lezione di vita....senza parole resto a meditare e a cercare di far mio questo autentico Vangelo...
    Grazie!
    ^__^

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