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20 novembre 2014

Provincia Croata: Fratelli in Cristo

C'era un'intera generazioni di giovani stelle da tutta la Jugoslavia, che stavano travolgendo il paese, come il mio compagno di squadra Zarko Paspalj, serbo come me, o Dino Radja e Toni Kukoc, entrambi croati. Tutto sembrava succedere così velocemente. Io ero un eroe nel mio paese. Ma in tutta Europa, c'era un altro giocatore di cui tutti stavano parlando. Avevo sentito che aveva segnato 112 punti in una partita, veniva da Sibenik, in Croazia ed era già diventato l'idolo della Jugoslavia. Lo chiamavano “il Mozart del basket”. E il suo nome era Draczen Petrovic.
Sono le parole di Vlade Divac, campione di basket e compagno di meraviglie cestistiche insieme ai Lakers di Magic Johnson. Chi era un ragazzo tra gli anni '80 e i '90 se lo ricorda bene, quel gigante bianco, barbuto in canottiera gialla. Si ricorda bene anche Toni Kukoc, esile e micidiale alla corte di Micheal Jordan e dei Chicaco Bulls. E poi, naturalmente, Draczen Petrovic. Insieme formavano la squadra di basket europea più forte di tutti i tempi. Il 17 agosto 1990, a Buenos Aires, sconfissero gli Stati Uniti. Tre giorni dopo, contro l'Unione Sovietica, divennero i campioni del mondo. Ma quando questa squadra era all'apice della gloria, tutto crollò.

Il 25 giugno 1991 Slovenia e Croazia dichiararono la loro indipendenza. Cominciava un decennio di guerre che avrebbero lacerato i Balcani e che sarebbero state trasmesse in mondovisione sulle nostre televisioni. Chi era un ragazzo tra gli anni '80 e i '90 se lo ricorda bene, l'assedio di Sarajevo, la distruzione di Srebrenica, i campi di concentramento, i profughi, le colline coperte di croci o steli bianche.


Si frantumò la grande Jugoslavia del basket e si spezzarono anche molte amicizie, come quella tra Draczen Petrovic e Vlade Divac. Quei fili interrotti non possono più essere riannodati, perché Petrovic morì in un incidente di auto nel 1993.

Oggi pregheremo all'Arca di san Domenico, per i nostri confratelli della provincia croata, perché possano essere fermento di pace, di perdono e di riconciliazione tra tutti i popoli, saldamento fondati in Cristo, nel quale non c'è né giudeo né greco, non c'è né schiavo né libero, non c'è né maschio né femmina, non c'è né serbo né croato.

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