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13 maggio 2015

Andare, trasformare, manifestare

Nella prima parte del secondo capitolo del suo Vangelo, l’Apostolo san Giovanni riporta l’inizio dei segni compiuti da Cristo nella sua vita pubblica attraverso il celebre episodio conosciuto come le  “nozze di Cana” (Gv2, 1-12).
 Apparentemente questo miracolo potrebbe sembrare banale e marginale se confrontato con altri eventi straordinari contenuti nei racconti evangelici. Eppure, l’evangelista sottolinea che in tale occasione il Figlio di Dio “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Sulla base di questo, la Liturgia della Chiesa propone l’ascolto di questa pagina come un momento “epifanico” della vita di Gesù.
Per comprendere meglio l’importanza di questo brano evangelico occorre domandarsi per quale motivo il Figlio di Dio abbia voluto iniziare il suo ministero pubblico durante una festa nuziale.

La risposta, in fondo, potrebbe non essere troppo difficile: nell’ora della Croce, acquistandole la salvezza con il suo preziosissimo Sangue, Cristo ha chiamato l’umanità ad unirsi strettamente ed infinitamente a Lui. Il Mistero Pasquale della Passione, Morte e Resurrezione del Signore sanciscono mirabilmente la sua unione sponsale con la Santa Chiesa di cui le nozze di Cana sono prefigurazione allegorica.

Tre azioni particolari di Gesù possono aiutare a comprendere il forte legame che sussiste tra l’episodio evangelico narrato da san Giovanni con la Pasque del Signore che la Chiesa ha celebrato solennemente solo poche settimane orsono.
Cristo si reca alla festa di nozze perché invitato. In qualche misura accondiscende alla volontà di altre persone. Allo stesso modo, egli prenderà la ferma decisione di raggiungere Gerusalemme, sapendo bene quello che ivi lo attendeva, obbedendo, ossia accondiscendendo, alla volontà del Padre alla quale si sottometterà definitivamente dapprima nel Getsemani e poi consegnandogli lo spirito sulla Croce.

Riportando il segno operato da Gesù a Cana molto spesso si afferma che egli ha “cambiato” l’acqua in vino. Tuttavia egli ha compiuto un’azione ben diversa: non ha gettato via quanto era contenuto nelle giare, ma lo ha “trasformato” in vino. Nel Mistero Pasquale avviene, in certo modo, la stessa cosa nei confronti dell’umanità. Diversamente da quanto avvenne in seguito al diluvio universale, il genere umano non è stato annientato per essere ricostituito, ma è stato trasformato, in quanto redento.
Il trionfo pasquale di Cristo è, evidentemente, la manifestazione per eccellenze della gloria di Dio e ancora oggi si pone a fondamento della fede della Santa Chiesa. In questo mirabile mistero confluiscono e si compiono tutti i segni attraverso  cui Gesù aveva, per così dire, anticipato la manifestazione della sua divinità all’inizio dei quali si pone, in modo molto espressivo, l’episodio evangelico delle nozze di Cana.
Non si tratta di un felice evento storico molto lontano, esso continua ad essere vivo ed efficace anche ai nostri giorni. Attraverso l’annuncio del Vangelo e, particolarmente, mediante i Sacramenti della Chiesa, il Signore continua a manifestare la sua gloria trasformando quanti si affidano a lui con cuore sincero.
Il brano evangelico di san Giovanni presenta l’immagine di alcuni servi che, sollecitati dall’intervento della Vergine Maria, compiono le azioni loro comandate da Gesù collaborando alla realizzazione di questo suo primo grande segno. Non è, questo, un dettaglio marginale: il Signore si fida degli uomini e chiama loro a contribuire attivamente, seppur in modi diversi, alla realizzazione del suo disegno salvifico, alla manifestazione della sua gloria.
Ciascuno deve orientarsi ed impegnarsi in questa direzione, in modo speciale i religiosi, i quali, come ebbe a ricordare il venerabile Papa Pio XII nella Lettera Enciclica “Mystici Corporis”,  sono chiamata ad imitare, prolungare, manifestare, quanto Gesù ha operato.
E’ importante fare proprie quelle azioni che Gesù ha compiuto a Cana e che richiamano al suo Mistero Pasquale impegnandosi a viverle personalmente nella quotidianità a servizio della gloria di Dio e del bene dei fratelli.
Occorre anzitutto accettare di andare laddove il Signore vuole, imitando la sua obbedienza filiale, fare in modo, attraverso l’esercizio del ministero sacerdotale, oppure mediante i modi propri di ciascun altro stato di vita, che il Signore possa trasformare anche i cuori più induriti. La nostra vita diverrà in questo modo manifestazione della gloria di Dio capace di risvegliare e alimentare la fede degli uomini.
Quello che ci attende è un compito meraviglioso, ma allo stesso tempo tremendo innanzi al quale la tentazione di soccombere alle difficoltà potrebbe essere molto forte. E’ pertanto fondamentale la certezza di non essere soli.
In questo mese di maggio, tradizionalmente dedicato ad una speciale venerazione della Madre di Dio è quanto mai bello ricordare che ella sta dalla nostra parte e brilla sul nostro cammino quale stella della speranza.  Come a Cana continuerà ad intercedere per noi e a spronarci dolcemente e decisamente a compiere il nostro unico dovere: fare quello che il suo Figlio ci dirà.
Quando ci sembrerà di soccombere sulle croci che incontreremo nella nostra vita la Vergine Maria non fuggirà da noi, ma sarà condividerà la nostra pena. La nostra croce sarò anche la sua, gli insulti gli, sputi , i colpi di flagello che il mondo ci riserverà come ha fatto con Cristo saranno le spade che le trafiggeranno l’anima.
Con questa certezza continuiamo il nostro cammino sperimentando la forza trasformante dell’amore di Cristo e pregustando nella speranza le nozze eterne nel Regno dei cieli dove non avremo più bisogno della luce del sole e della luce della luna perché la Gloria di Dio ci illuminerà e nostra lampada sarà l’Agnello.

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