Oggi, primo giorno del Triduo in preparazione alla Solennità di San Domenico, desideriamo offrire ai lettori del nostro blog la lettura della Catechesi che il 3 febbraio 2013 Papa Benedetto XVI dedicò alla figura del nostro Santo fondatore
Cari fratelli e sorelle,
la settimana scorsa ho presentato la luminosa figura di Francesco d’Assisi,
quest’oggi vorrei parlarvi di un altro santo che, nella stessa epoca, ha dato
un contributo fondamentale al rinnovamento della Chiesa del suo tempo. Si
tratta di san Domenico, il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, noti anche
come Frati Domenicani.
Il suo successore nella guida dell’Ordine, il beato Giordano di Sassonia,
offre un ritratto completo di san Domenico nel testo di una famosa preghiera:
"Infiammato dello zelo di Dio e di ardore soprannaturale, per la tua
carità senza confini e il fervore dello spirito veemente ti sei consacrato
tutt’intero col voto della povertà perpetua all’osservanza apostolica e alla
predicazione evangelica". E’ proprio questo tratto fondamentale della
testimonianza di Domenico che viene sottolineato: parlava sempre con Dio
e di Dio. Nella vita dei santi, l’amore per il Signore e per il
prossimo, la ricerca della gloria di Dio e della salvezza delle anime camminano
sempre insieme.
Domenico nacque in Spagna, a Caleruega, intorno al 1170. Apparteneva a una
nobile famiglia della Vecchia Castiglia e, sostenuto da uno zio sacerdote, si
formò in una celebre scuola di Palencia. Si distinse subito per l’interesse
nello studio della Sacra Scrittura e per l’amore verso i poveri, al punto da
vendere i libri, che ai suoi tempi costituivano un bene di grande valore, per
soccorrere, con il ricavato, le vittime di una carestia.
Ordinato sacerdote, fu eletto canonico del capitolo della Cattedrale nella
sua diocesi di origine, Osma. Anche se questa nomina poteva rappresentare per
lui qualche motivo di prestigio nella Chiesa e nella società, egli non la
interpretò come un privilegio personale, né come l’inizio di una brillante
carriera ecclesiastica, ma come un servizio da rendere con dedizione e umiltà.
Non è forse una tentazione quella della carriera, del potere, una tentazione da
cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di
governo nella Chiesa? Lo ricordavo qualche mese fa, durante la consacrazione di
alcuni Vescovi: "Non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi.
Sappiamo come le cose nella società civile, e, non di rado nella Chiesa,
soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una
responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità" (Omelia.
Cappella Papale per l’Ordinazione episcopale di cinque Ecc.mi Presuli, 12
Settembre 2009).
Il Vescovo di Osma, che si chiamava Diego, un vero e zelante pastore, notò
ben presto le qualità spirituali di Domenico, e volle avvalersi della sua
collaborazione. Insieme si recarono nell’Europa del Nord, per compiere missioni
diplomatiche affidate loro dal re di Castiglia. Viaggiando, Domenico si rese
conto di due enormi sfide per la Chiesa del suo tempo: l’esistenza di popoli
non ancora evangelizzati, ai confini settentrionali del continente europeo, e
la lacerazione religiosa che indeboliva la vita cristiana nel Sud della
Francia, dove l’azione di alcuni gruppi eretici creava disturbo e
l’allontanamento dalla verità della fede. L’azione missionaria verso chi non
conosce la luce del Vangelo e l’opera di rievangelizzazione delle comunità
cristiane divennero così le mète apostoliche che Domenico si propose di
perseguire.
Fu il Papa, presso il quale il Vescovo Diego e Domenico si recarono
per chiedere consiglio, che domandò a quest’ultimo di dedicarsi alla
predicazione agli Albigesi, un gruppo eretico che sosteneva una concezione
dualistica della realtà, cioè con due principi creatori ugualmente potenti, il
Bene e il Male. Questo gruppo, di conseguenza, disprezzava la materia come
proveniente dal principio del male, rifiutando anche il matrimonio, fino a
negare l’incarnazione di Cristo, i sacramenti nei quali il Signore ci
"tocca" tramite la materia, e la risurrezione dei corpi. Gli Albigesi
stimavano la vita povera e austera – in questo senso erano anche esemplari – e
criticavano la ricchezza del Clero di quel tempo. Domenico accettò con
entusiasmo questa missione, che realizzò proprio con l’esempio della sua
esistenza povera e austera, con la predicazione del Vangelo e con dibattiti
pubblici. A questa missione di predicare la Buona Novella egli dedicò il resto
della sua vita. I suoi figli avrebbero realizzato anche gli altri sogni di san
Domenico: la missione ad gentes, cioè a coloro che ancora non
conoscevano Gesù, e la missione a coloro che vivevano nelle città, soprattutto
quelle universitarie, dove le nuove tendenze intellettuali erano una sfida per
la fede dei colti.
Questo grande santo ci rammenta che nel cuore della Chiesa deve sempre
bruciare un fuoco missionario, il quale spinge incessantemente a portare il
primo annuncio del Vangelo e, dove necessario, ad una nuova evangelizzazione: è
Cristo, infatti, il bene più prezioso che gli uomini e le donne di ogni tempo e
di ogni luogo hanno il diritto di conoscere e di amare! Ed è consolante vedere
come anche nella Chiesa di oggi sono tanti – pastori e fedeli laici, membri di
antichi ordini religiosi e di nuovi movimenti ecclesiali – che con gioia
spendono la loro vita per questo ideale supremo: annunciare e testimoniare il
Vangelo!
A Domenico di Guzman si associarono poi altri uomini, attratti dalla stessa
aspirazione. In tal modo, progressivamente, dalla prima fondazione di Tolosa,
ebbe origine l’Ordine dei Predicatori. Domenico, infatti, in piena obbedienza
alle direttive dei Papi del suo tempo, Innocenzo III e Onorio III, adottò
l’antica Regola di sant’Agostino, adattandola alle esigenze di vita apostolica,
che portavano lui e i suoi compagni a predicare spostandosi da un posto
all’altro, ma tornando, poi, ai propri conventi, luoghi di studio, preghiera e
vita comunitaria. In particolar modo, Domenico volle dare rilievo a due valori
ritenuti indispensabili per il successo della missione evangelizzatrice: la
vita comunitaria nella povertà e lo studio.
Anzitutto, Domenico e i Frati Predicatori si presentavano come mendicanti,
cioè senza vaste proprietà di terreni da amministrare. Questo elemento li
rendeva più disponibili allo studio e alla predicazione itinerante e costituiva
una testimonianza concreta per la gente. Il governo interno dei conventi e
delle provincie domenicane si strutturò sul sistema di capitoli, che eleggevano
i propri Superiori, confermati poi dai Superiori maggiori; un’organizzazione,
quindi, che stimolava la vita fraterna e la responsabilità di tutti i membri
della comunità, esigendo forti convinzioni personali. La scelta di questo
sistema nasceva proprio dal fatto che i Domenicani, come predicatori della
verità di Dio, dovevano essere coerenti con ciò che annunciavano. La verità
studiata e condivisa nella carità con i fratelli è il fondamento più profondo
della gioia. Il beato Giordano di Sassonia dice di san Domenico: "Egli
accoglieva ogni uomo nel grande seno della carità e, poiché amava tutti, tutti
lo amavano. Si era fatto una legge personale di rallegrarsi con le persone
felici e di piangere con coloro che piangevano" (Libellus de principiis
Ordinis Praedicatorum autore Iordano de Saxonia, ed. H.C. Scheeben, [Monumenta
Historica Sancti Patris Nostri Dominici, Romae, 1935]).
In secondo luogo, Domenico, con un gesto coraggioso, volle che i suoi
seguaci acquisissero una solida formazione teologica, e non esitò a inviarli
nelle Università del tempo, anche se non pochi ecclesiastici guardavano con
diffidenza queste istituzioni culturali. Le Costituzioni dell’Ordine dei
Predicatori danno molta importanza allo studio come preparazione
all’apostolato. Domenico volle che i suoi Frati vi si dedicassero senza
risparmio, con diligenza e pietà; uno studio fondato sull’anima di ogni sapere
teologico, cioè sulla Sacra Scrittura, e rispettoso delle domande poste dalla
ragione. Lo sviluppo della cultura impone a coloro che svolgono il ministero
della Parola, ai vari livelli, di essere ben preparati. Esorto dunque tutti,
pastori e laici, a coltivare questa "dimensione culturale" della
fede, affinché la bellezza della verità cristiana possa essere meglio compresa
e la fede possa essere veramente nutrita, rafforzata e anche difesa. In
quest’Anno Sacerdotale, invito i seminaristi e i sacerdoti a stimare il valore
spirituale dello studio. La qualità del ministero sacerdotale dipende anche
dalla generosità con cui ci si applica allo studio delle verità rivelate.
Domenico, che volle fondare un Ordine religioso di predicatori-teologi, ci
rammenta che la teologia ha una dimensione spirituale e pastorale, che
arricchisce l’animo e la vita. I sacerdoti, i consacrati e anche tutti i fedeli
possono trovare una profonda "gioia interiore" nel contemplare la
bellezza della verità che viene da Dio, verità sempre attuale e sempre viva. Il
motto dei Frati Predicatori - contemplata aliis tradere – ci aiuta a
scoprire, poi, un anelito pastorale nello studio contemplativo di tale verità,
per l’esigenza di comunicare agli altri il frutto della propria contemplazione.
Quando Domenico morì nel 1221, a Bologna, la città che lo ha dichiarato
patrono, la sua opera aveva già avuto grande successo. L’Ordine dei
Predicatori, con l’appoggio della Santa Sede, si era diffuso in molti Paesi
dell’Europa a beneficio della Chiesa intera. Domenico fu canonizzato nel 1234,
ed è lui stesso che, con la sua santità, ci indica due mezzi indispensabili
affinché l’azione apostolica sia incisiva. Anzitutto, la devozione mariana, che
egli coltivò con tenerezza e che lasciò come eredità preziosa ai suoi figli
spirituali, i quali nella storia della Chiesa hanno avuto il grande merito di
diffondere la preghiera del santo Rosario, così cara al popolo cristiano e così
ricca di valori evangelici, una vera scuola di fede e di pietà. In secondo
luogo, Domenico, che si prese cura di alcuni monasteri femminili in Francia e a
Roma, credette fino in fondo al valore della preghiera di intercessione per il
successo del lavoro apostolico. Solo in Paradiso comprenderemo quanto la
preghiera delle claustrali accompagni efficacemente l’azione apostolica! A
ciascuna di esse rivolgo il mio pensiero grato e affettuoso.
Cari fratelli e sorelle, la vita di Domenico di Guzman sproni noi tutti ad
essere ferventi nella preghiera, coraggiosi a vivere la fede, profondamente
innamorati di Gesù Cristo. Per sua intercessione, chiediamo a Dio di arricchire
sempre la Chiesa di autentici predicatori del Vangelo.
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