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4 giugno 2010

XXXIX-XL. Il test di Umberto

L'umiltà di cui parla Umberto di Romans non è roba astratta, un vago sentimento di inadeguatezza e inferiorità. E' roba pratica: un comportamento. L'umiltà si rivela nelle nostre azioni e può essere "oggettivamente" rilevata dalla nostra coscienza, perfino misurata. Il vecchio maestro domenicano offre una sfilza di consigli concretissimi per imparare questa virtù e propone perfino un test con cui la possiamo valutare: quello che facciamo lo facciamo per la gloria di Dio o per la nostra?

Quando ero giovane, mi dicevano tutti che ero una gran superbo e io ho vissuto dei lustri con il complesso del superbo. Poi, un giorno, lessi un libro di Soren Kierkegaard dal titolo tetro de "Il concetto dell'angoscia", che mi fece capire una cosa importante. Superbo è chi si credo migliore degli altri. L'orgoglioso è chi ha paura di perdere, di perdere la faccia, di dimostrarsi inferiore. Ecco, io non sono mai stato superbo... sono, invece, un orgoglioso bello e buono. L'orgoglio è paura, mentre l'umiltà è coraggio. L'umile, infatti, non ha nulla da perdere, perchè non fa nulla per se stesso, ma tutto per Dio. E anche il perdere è tutto di guadagnato, perchè all'umiliazione seguono la gloria e l'onore... di Dio.
XXXIX. Quindi, il danno della superbia viene valutato attraverso due frutti delle opere virtuose: la gloria e l'utilità. Dio ha riservato per sè la prima e ha lasciato a noi la seconda. Se contendiamo a Dio la sua parte, senza dubbio perdiamo quella destinata a noi. Così come il vento sparge la polvere, la vanità dissipa e disperde le virtù. Sappiate infatti con certezza che non possederemo mai la virtù dell'obbedienza, nè quella della pazienza, nè la purezza della perfezione, se perdessimo la sincerità dell'umiltà.

XL. Se, dunque, amate l'umiltà, la conserverete grazie alle cose che vi abbiamo scritto: se davvero avrete ponderato quanto sia facile il cadere e difficile il rialzarsi e incerto il perseverare; se vi sarete sforzati di ottenere un'idea esatta della vostra fragilità e di considerare gli altri frati migliori di voi; se spesso avrete pensato all'imminenza della morte; se avrete prestato attenzione al fatto che il Signore scorge in profondità tutto ciò che fate; se, non di meno; avrete pensato che il Signore si è umiliato fino a morire di una morte infame; se rifletterete sulla gloria e l'onore che seguono ad un'umiliazione.

1 commento:

  1. ^__^ leggo anch'io volentieri Kierkegaard, cominciai a leggerlo nella sua opera sul matrimonio...davvero illuminante e anche qualcosa sul significato dell'angoscia e si...mi ritengo umilmente una orgogliosa non tanto di perdere la faccia, quanto proprio la paura di perdere...
    L'esercizio che faccio fare alla mia volontà, praticamente ogni giorno, è di non pensare, come erroneamente e difettosamente credo, che perdendo "io" perda in qualcosa la Chiesa... ^__^
    e si caro Luca, questo è un mio immenso peccato d'orgoglio...un difetto che cerco di aggiustare ogni giorno con l'aiuto del Rosario, ossia rimettendo in esso questi brutti pensieri ^__^

    La Chiesa non perde se io perdo, anzi, se perdo io, poichè solitamente si tratta di desideri MIEI e di piccoli orgogli...è ovvio che ci guadagnerò e ci guadagnerà così la Chiesa...
    insomma, quando !io" (=il mio ego) perde, ci guadagnamo TUTTI...
    ^__^

    Grazie mille per queste riflessioni....

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