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9 novembre 2014

Fratelli miei

Fratelli miei...  credo che non ci sia modo più bello e più vero che cominciare questa riflessione proprio con queste parole: "Fratelli miei". Sì,  perché con il Battesimo siamo diventati vicini, noi che un tempo eravamo lontani.

"Ante omnia, fratres carissimi, diligatur Deus, deinde proximus", ci dice Agostino all'inizio della sua Regola alla quale abbiamo deciso di obbedire.
"Prima di tutto si ami Dio": questo è il primo e fondamentale fine di tutta la nostra vita, di tutte le nostre fatiche. "Si ami Dio": come? "Voi sarete miei amici se farete ciò che io vi comando". E cioè? "Vi do un comandamento nuovo: come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri".

Ecco perché Agostino aggiunge al "diligatur Deus", "deinde proximus":  non c'è amore di Dio senza quella attenzione e quella vicinanza al prossimo di cui ci parla.


Noi frati in special modo abbiamo scelto di fare del comandamento nuovo di Gesù Cristo il nostro programma di vita, il nostro lavoro: c'è chi lavora in ufficio, chi in fabbrica... e chi si sforza giorno per giorno, minuto per minuto, istante per istante a "diligere Deus, deinde proximus".


Potremmo facilmente andare oltre e pensare subito alla missione del nostro Ordine, predicare cioè per la salvezza delle anime, ma ciò potrebbe essere un tentativo di fuga di fronte all'immensità e alla difficoltà di un simile comando da parte di Gesù Cristo: "come io ho amato voi...".

Certamente qualcuno dirà in cuor suo: "Ma io queste cose già le so!". Ebbene, a queste persone  desidero dire: "Guarda la croce e domandati: a che punto del cammino sono?".

Tutti noi siamo e saremo forse sempre "in via", in cammino., questo non deve impaurirci,  ma neanche farci rilassare troppo, perché non sappiamo quando il Signore ci verrà a chiedere: "Figlio mio, quanto hai amato me nella persona, nel confratello che ti era vicino?".

E' proprio dell'amore saper perdonare e saper chiedere perdono dei propri errori. Noi chiedemmo "la misericordia di Dio" e quella dei confratelli quando siamo entrati in convento, e quelle non erano belle parole, bensì un vero e proprio programma di vita: chiedere la misericordia e donarla. Ma non può donarla chi non l'ha ricevuta! Chiediamo a Dio di aiutarci, perché è proprio qui l'enorme sfida e proposta del cristianesimo: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano"! E capita a volte che ci sembri che questi "nemici" siano proprio coloro che ci sono accanto. È ad essi che dobbiamo regalare la nostra misericordia e il nostro perdono!

Quante volte? Sarebbe troppo semplice pensare "Mah, 70 volte 7 è una figura retorica per dire infinite volte", perchè dire infinite volte, per noi, vuol dire non farlo mai! Allora proviamo a contare: 70 volte 7 fa 490... iniziamo intanto a perdonare 490 volte, poi potremo pensare all'infinito! Tutto questo avviene sull'esempio di Cristo, che dalla croce chiese il perdono per coloro che facevano ben altro che "pestargli i piedi": lo uccidevano, lo svenavano.

Desidero concludere questa breve meditazione con le parole di un anonimo scrittore medievale che, credo, possono riassumere tutto ciò che è stato detto finora: "Che ti serve saper discutere profondamente della Trinità, se non sei umile, e perciò alla Trinità tu dispiaci? Vanità delle vanità, tutto è venità, fuorchè amare Dio e servire Lui solo".

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