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28 novembre 2014

Padre Rami Simun: i cristiani in Iraq

Padre Rami è un frate dominicano iracheno. In questi giorni è in visita in Francia e ha rilasciato un'intervista radiofonica sulla situazione dei cristiani in Iraq, che ho tradotto e trascritto. Eccola:

Fin dall'antichità i cristiani sono presenti in Iraq. Secondo la tradizione, la Chiesa irachena è stata fondata dall'apostolo Tommaso e soprattutto dai suoi discepoli. Quindi fin dai primi secoli della cristianità la buona novella è arrivata in Mesopotamia, e cièoè nell'Irak attuale. La Chiesa irachena è costituita da diverse chiese. La maggior parte è cattolica, divisa in diversi riti: gli armeni, i caldei, i siriaci. Il siriaco e il caldeo sono lingue che derivano dall'aramaico, la lingua che parlava Gesù. E poi ci sono i siriaco-ortodossi, le chiese siriane d'Oriente, e c'è anche qualche chiesa evangelica protestante che è arrivata più di recente.

I cristiani iracheni sono perseguitati da molti anni, anche se non si è mai creduto loro davvero. Ora lo sanno tutti e tutti devono fare il loro meglio affinché la situazione migliori. Negli ultimi mesi sono stati spinti a lasciare tutti i loro beni e le loro case, sono stati scacciati. Sono partiti portando con sé null'altro che i loro vestiti, nemmeno il denaro. I fanatici hanno derubato perfino le loro carte d'identità. Di colpo, la Chiesa ha visto un arrivo in massa di immigrati, circa 120.000 persone, che non avevano assolutamente nulla con loro, se non i vestiti che indossavano. E' una tragedia umanitaria che si cerca di affrontare, nonostante tutto. Ma è da diversi anni che i cristiani sono scacciati dai fanatici e ci sono migliaia di famiglie rifugiate nei paesi limitrofi, in Siria, in Giordania, in Turchia e anche in Libano.


I fanatici vogliono o convertire i cristiani all'islam o ucciderli. I cristiani rifiutano la conversione e sono costretti a fuggire e così vengono spogliati dei loro beni. Eppure rimangono attaccati alla loro fede, a Gesù, nonostante le loro difficoltà e la loro attuale povertà.

Non sono tutti i musulmani  a voler scacciare i cristiani, ma i fanatici, che purtroppo hanno la meglio in Iraq e in molti altri paesi. I nostri fratelli musulmani che sono tolleranti non riescono ad arginarli. I fanatici vogliono ripulire queste regioni da ogni presenza non musulmana, soprattutto gli yazidi, che sono stati uccisi e che hanno visto le loro donne e le loro figlie violentate. Anche alcune cristiane hanno subito violenza e sono state vendute al mercato come schiave. Queste cose ci ricordano tempi antichi, anche se siamo nel XXI secolo.

A Baghdad, per fortuna, la situazione è differente. Da molti anni ci sono persecuzioni, ma hanno un aspetto differente. Ci sono dei rapimenti, soprattutto di cristiani e di altre minoranze, a cui si possono aggiungere le difficoltà della vita quotidiana. I funzionari cristiani, i commercianti, le donne, le ragazze che vanno a scuola subiscono una pressione diretta. Sono davvero perseguitati per la loro fede. Ciascuno è perseguitato in modo differente, a seconda della sua posizione, del suo lavoro. Allora si cerca di rimanere vicini alla popolazione, perché i religiosi e i sacerdoti rappresentano ancora qualcosa davanti alle autorità e possono rassicurare i cristiani di non essere soli davanti alle difficoltà.


La Chiesa è un'istituzione pacifica, che porta il vangelo a tutti. Le autorità cristiane invitano i nostri fratelli, i nostri compatrioti a perseguire il dialogo, a insistere molto sul dialogo e a risolvere i nostri problemi in modo pacifico. Fanno anche degli appelli ai politici iracheni e cercano soprattutto di sensibilizzare il mondo intero l'opinione pubblica internazionale, affinché facciano pressione sul governo iracheno perché si prenda cura delle minoranza in Iraq.

Politica e religione sono mischiate. La politica approfitta di certi problemi, ma il terreno è preparato dalla religione. La religione si deve mettere in discussione e capire qual è il suo ruolo nelle violenze che oggi colpiscono i cristiani. I nostri fratelli musulmani devono fare un lavoro enorme su loro stessi, sul loro sguardo sulla modernità, sulla vita, sull'altro. Se questo lavoro non viene fatto, ci saranno sempre dei problemi.

I cristiani francesi possono fare molto con la loro generosità e il loro aiuto per i loro fratelli e sorelle iracheni, che non hanno più nulla, che sono rifugiati. Molti di loro sono assistiti dalla Chiesa, ma bisogna dare loro da mangiare, dei vestiti, delle medicine. Bisogna dare loro molta speranza e forse aiutarli anche a proseguire gli studi. Invito tutti ad essere generosi per salvare queste famiglie dal prossimo rigido inverno. L'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre ha un grande progetto per acquistare delle case prefabbricate affinché queste famiglie passino almeno quest'inverno in pace. Poi si vedrà.

L'esilio non è una fatalità, ma è una delle soluzioni che vanno considerate. C'è una massa di persone enorme che non si riesce a gestire. Molti di loro - non tutti - non credono al ritorno né alla convivenza con coloro che li hanno scacciati, né di avere un futuro in Irak. A loro bisogna davvero dare la possibilità di lasciare il paese e di essere accolti dignitosamente dove possano vivere la loro fede. Portano con loro un calore di fede che è ardente. Allo stesso tempo bisogna sostenere i cristiani che vogliono restare. Bisogna sostenerli, aiutarli a mantenere la fede in situazioni difficili. Ma i giovani che vogliono raggiungere un paese occidentale, soprattutto in Francia, bisogna accoglierli bene. E quelli che vogliono restare bisogna sostenerli, affinché possano mantenere una presenza in questa terra difficile.

La pace è un desiderio della maggior parte degli esseri umani. Questa è una verità che si imporrà, anche se ci vorrà molto tempo. Allora bisogna dare una mano. Le potenze occidentali hanno un ruolo importante da giocare perché la pace arrivi nella nostra regione.

La settimana scorsa abbiamo pregato all'Arca di San Domenico per i nostri fratelli iracheni. Invitiamo tutti a perseverare nella preghiera e ad essere generosi, anche finanziariamente. Questa settimana pregheremo per i nostri confratelli croati.


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