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22 dicembre 2014

La nostra liberazione è vicina

La Liturgia della terza domenica di avvento, che la Chiesa ha celebrato quest’anno il 14 dicembre, è, nel suo insieme, un'accorata esortazione affinché il credente si rallegri nella certa speranza che il Signore è vicino e che la tanto sospirata liberazione dalle tenebre non tarderà a realizzarsi.

Man's love it was that made me able 
To bear God's Love, wild, formidable,
To bear God's Will, through me performed. 
da Madeleine Lengle, O Sapientia


Si apre in questo modo l’ultimo periodo del tempo di Avvento nel quale, ancora una volta, la liturgia cattolica ci prende per mano e ci aiuta, sulla scorta dell’ammonimento di san Paolo, a svegliarci dal sonno per prepararci in modo più intenso al Natale del Signore. Durante gli otto giorni immediatamente precedenti alla solennità, che a partire dalla riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II portano il nome di ferie di Avvento, vengono proclamati durante la Celebrazione della Santa Messa i primi capitoli dei Vangeli di Matteo e Luca che, ciascuno con le proprie peculiarità, riportano gli avvenimenti che hanno preceduto la nascita di Cristo. Ascoltando la Genealogia di Cristo, la Nascita di Giovanni Battista, l’Annuncio dell’Angelo alla Vergine Maria, la visita che Ella compie alla cugina Santa Elisabetta, possiamo sperimentare ancora una volta la straordinaria fedeltà di Dio che mantiene le promesse pronunciate nel corso dei secoli e, attraverso il Suo Figlio, dona a tutti gli uomini la vera libertà capace di rompere le antiche catene del male e della vuotezza della nostra esistenza.

In questi giorni di grazia, la Chiesa ci invita anche ad unire le nostre voci nel canto delle tradizionali “antifone maggiori”, risalenti al IX Secolo a.C, che la riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II ha valorizzato proponendole durante la Messa come versetti al canto dell’Alleluia e, nella preghiera dei Vespri come antifona al Magnificat. Attraverso queste ardenti invocazioni dei fedeli al loro Salvatore, tratte dalle pagine dell’Antico Testamento,  possiamo meglio chi è realmente il Bambino la cui nascita attendiamo con gioiosa ansietà.


Egli è la Sapienza a cui chiediamo di venire ad insegnarci la via della saggezza, è il Signore che imploriamo di venire a liberarci con braccio potente, è il Germoglio di Iesse che invochiamo perché non tardi nel venire a liberarci, è la Chiave di Davide a cui chiediamo di liberare l’uomo prigioniero. Avvolti ancora nelle tenebre professiamo la nostra fede in Cristo, Astro che sorge e lo invochiamo perché venga ad illuminare chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte. Adoriamo il Re delle genti, l’Emmanuele e innalziamo a lui la nostra preghiera: “vieni e salva l’uomo che hai formato dalla terra!”


Sugli ultimi passi del nostro cammino verso il Natale veglia come stella della speranza, la Madre di Dio Maria santissima.  Guardiamo a lei con amore di figli e, sforzandoci di seguire il suo esempio di docilità alla volontà di Dio ci uniamo al suo “Magnificat”, al canto di lode che Ella innalza al Signore. Invochiamo la sua intercessione perché questi ultimi giorni di avvento, giustamente caratterizzati da “speme e gioia” non siano paragonabili per nessuno al “sabato del villaggio” di leopardiana memoria capace solo di creare illusioni dalla breve durata. Maria doni ad ogni uomo un Natale non caratterizzato dalla tristezza e dalla noia proprie di una festa che corre inesorabilmente verso la sua conclusione, bensì dalla gioiosa certezza che il Signore ha visitato  e redento il suo popolo.

fr Alessandro M. Amprino

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