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18 dicembre 2014

L'annunciazione



Immaginiamo una ragazza quattordicenne. Bellissima, con lineamenti del viso delicati come il sole tenue della prima alba. Nei capelli il profumo dei fiori e dei boccioli della primavera che stava arrivando. Negli occhi, lo sguardo carico d’amore di una bambina innamorata e allo stesso tempo l’attenzione di una donna matura in procinto di sposarsi. L’annunciazione è la storia di una ragazza, una vergine promessa sposa che traluce raggi di sole da ogni cellula del suo essere. Una ragazza, una semplice e umile figlia di altrettanto umili Gioacchino ed Anna, che ha tanta voglia di donarsi nel suo imminente matrimonio con Giuseppe. Ecco come la quattordicenne Maria di Nazareth deve essere comparsa agli occhi del messaggero celeste. L’arcangelo irrompe nella solitudine operosa di Maria e la saluta: “Ti saluto o piena di grazia”. L’originale greco è molto preciso ” Kaire kekaritomene” cioè “Rallegrati, effusa di grazia”. Quel saluto in Maria provoca un iniziale turbamento. Perché?   Quel Kaire è presente anche nei profeti  Sofonia, Gioele e Zaccaria. Indica l’approssimarsi della salvezza messianica. In Maria, in quel preciso giorno della sua vita, davvero deve essersi generata l’esperienza del sacro come tremendo.

È soprattutto sul kekaritomenè, “oh effusa di grazia” su cui vorrei rivolgessimo la nostra attenzione. All’analisi testuale, questo participio perfetto, indica che c’è stato qualcosa nel passato che solo oggi si compie. Su Maria sin dall’eternità c’è stata un effusione di grazia particolarissima. Maria è scelta come tota pulchra, perché il totum pulchrum, il Dio Gesù Cristo diventi uomo. La titubanza di Maria alle parole dell’arcangelo si dissolve subito e diviene certezza. Certezza di dire si a Dio e mettersi al suo servizio. Dio ha deciso di donarsi totalmente all’uomo nell’Incarnazione. Dio che è l’Amore, decide cioè di contrarre uno Sposalizio Mistico con l’umanità. A questo proposito, le splendide parole di Fulton Sheen confermano questo sacro mistero :” Non è forse vero che ogni vero amore mira all’incarnazione? Tra gli uomini non accade forse che l’affetto tra moglie e marito dia vita, grazie al loro amore reciproco, all’incarnazione del loro sentimento sotto forma di un figlio?”.  Il Dio Gesù in questo sposalizio è sempre stato fedele all’umanità. Lo è tuttora. La sua promessa non è mai venuta meno e mai verrà.
Anche oggi, il Signore chiede che ogni matrimonio sia vissuto con fedeltà fino alla morte. Sull’esempio della sua fedeltà, chiede ad ogni marito e moglie di rimanere fedeli per sempre.

Ogni scissione, ogni divorzio dell’amore sacramentale fra uomo e donna, è una rottura della fedeltà con Dio. Se l’annunciazione è stato il canto nuziale dell’amore fra uomo e Dio, l’adulterio è il canto terribile del diavolo, della spaccatura fra uomo e Dio. Così ogni perorazione, incitamento o giustificazione dell’adulterio è distruggere il sogno di Dio di sposare l’umanità per sempre. Ogni incitamento all’adulterio è favorire la separazione fra l’uomo e Dio, un continuo e strepitante canto del diavolo. Il Natale è quel periodo ”pervaso del patto di intimità fra Dio e l’uomo” come scrive Gilbert Keith Chesterton. Se davvero ci crediamo, allora ricordiamo il grande insegnamento dell’Annunciazione: Dio per primo si è innamorato di Maria. Dio per primo si è innamorato dell’Umanità. Dio per primo si è reso fedele.

In questo Natale, proviamo a donare questa fedeltà alle famiglie in crisi, alle persone abbandonate da sole al coniuge ma speranzosi ancora di ricomporre quel vincolo. Mostriamo questa fedeltà ai fidanzati che con coraggio si preparano al matrimonio. Un semplice nostro sorriso o parola di incoraggiamento suonerà melodioso come quel kaire inatteso e dunque certamente più prezioso di qualsiasi regalo impacchettato o busta da lettera piena di banconote. 
Ripetiamo più volte il nostro “rallegrati”: doneremo alle nostre comunità, alle nostre città e alle nostre diocesi tutta la dolcezza del saluto di un angelo.

Gesù dolce, Gesù amore.
Fr. Gabriele Giordano Scardocci

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