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24 dicembre 2014

La teologia del cenone


Il cenone di Natale diviene un momento in cui si rincontrano parenti visti sporadicamente durante il resto dell’anno. A proposito delle tradizioni culinarie natalizie G. K. Chesterton ha saputo delineare una teologia del cenone natalizio. Nell’articolo del 1906 intitolato il Tacchino scrive: ‹‹ Quello che so sicuramente è che la confraternita d’arme e sofferenza a cui appartengo e a cui devo tutto, il genere umano, vivrebbe tempi di gran lunga peggiori se non ci fosse una cosa come il natale o i pranzi Natalizi. […] Se [Ebeniz] Scrooge sia diventato migliore per aver donato il tacchino e Cratchit più felice per averlo ricevuto sono due fatti di cui sono sicuro proprio come quello di avere due piedi […] ›› Chesterton con maestria usa i due personaggi di Canto di Natale di Dickens per mostrare che il bene di un’ anima può venire dall’atto dell’offrire un tacchino ad un’altra anima.


Tutto parte dal grande insegnamento di Gv 17, 20 – 23 ‹‹ Affinchè siate una cosa sola ›› dato in occasione della ultima cena, cioè il cenone per eccellenza di ogni cristiano. Leggendo la sinossi dei vangeli del p. Lagrange è possibile capire ancora meglio la frase di Gesù. Davanti, faccia a faccia si trovano San Pietro e Giuda Iscariota. Come può il pastore della Chiesa scelto da Cristo stesso essere una cosa sola con il traditore? L’essere uniti ad una tavola insieme a Gesù fa stare insieme gli opposti e anche i contrari. È quello che ci accade durante il cenone del Suo Natale. Gesù è al centro anche se qualche ostinato commensale non vuole ammetterlo. Perché nel suo Natale, il Signore ci raccoglie unità nella diversità. Essendo Lui stesso Dio, cioè Relazione, permette che anche noi diventiamo relazione gli uni per gli altri.


Credo infine che Chesterton abbia anche reso un ulteriore particolare di questa unità nella diversità. Scrooge è infatti l’immagine di chi si pone al servizio della carità nell’altro. Cratchit è colui che riceve la carità. Entrambi mostrano la necessità di relazionarsi l’un l’altro. Il frutto di questa relazione tramite la carità è la salvezza dell’anima e del corpo di entrambi. Dunque, a ben vedere ha ragione Chesterton: non possiamo fare a meno del pranzo di Natale e anche del cenone della vigilia. Vivremmo tempi molto peggiori. Molto peggiori della crisi economica attuale.

Gesù dolce, Gesù amore
Fr. Gabriele Giordano M. Scardocci

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