“[…] et inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te” (Confessiones I, 1). Agostino era un furbo! Aveva capito tutto… ed espresse con vibranti e luminose parole il particolare status dell’umano, uno stadio per cui, lo spirito dell’uomo - stanco della quotidianità, delle sue consuetudini e vicissitudini – posto davanti alla miseria del mondo ed al contempo alle sue bieche e subdole azioni, si ribella ed insorge contro se stesso e contro il mondo. Questo è l’uomo che può distintamente sentir vibrare “[…] quello spirito guerrier ch’entro mi rugge” (Cfr. Foscolo, Alla sera). Solamente l’uomo che ritorna in se stesso, può interrogarsi attorno a ciò che ha veramente valore e senso.
Può accadere che il vento del dubbio possa gonfiare le vele dell’umana esistenza. Si è pronti a salpare, meglio, a “fuggire”: il dubbio è preambolo della fuga.
Fuggire da cosa? Fuggire da chi?
Si fugge da ciò che si pensava possedere, dalle sicurezze e dalle certezze, da ciò che ci si illudeva conoscere e perché no, da ciò che si credeva essere la propria realtà: si fugge da una prospettiva “individuo-centrica”.
Il buon Cassiano – promulgatore della spiritualità del deserto – ci fa dono delle rare perle che adornarono la cristianità dei primi secoli; nelle “Collationes patrum in Scithico eremo commorantium”, riporta i discorsi, gli insegnamenti, l’esempio di quegli uomini che, abbandonata la città, fuggirono dal mondo, dal loro reale attuando così la celebre “fuga mundi”. È vero, facebook non era stato ancora ideato, sicché quegli illuminati dovettero accontentarsi del deserto, oggi invece abbiamo uno strumento migliore, una prigione informatica. L’uomo contemporaneo può scaricare i propri dubbi, le proprie inquietudini rinchiudendosi in una pseudo-realtà e fuggendo dal mondo reale, acconsentendo al subdolo inganno del morboso e nefando spirito che tiranneggia al giorno d’oggi.

Azzardando così una analogia “sinfonica”, la prospettiva di chi fugge è segnata da un “tema fondamentale”, un centro che si impone in questi termini: “[…] edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù […]” (Ef 2, 20). La nostra fuga, in altri termini, ha come tema primigenio ed archetipico Cristo Gesù che è il centro, il perno che regge tutta la composizione oltre a strutturarla in ogni sua minima parte, in ogni suo accordo e nota. L’incisività del tema è qualcosa di estremamente importante, è radicale: chi percorre questa via non ha altro orizzonte che Lui solo; ogni musicista attende con trepidazione e quasi tremore che il direttore agiti la sua bacchetta dando cenno d’inizio alla sinfonia. Tutti sono immobili, silenti, nessuno smuove lo sguardo da quel “legno” che reca nella mano il maestro, tutti sono in posizione di partenza, tutti sono pronti, tutti trattengono il respiro.
Fra Pietro Maraglino o.p.
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