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5 gennaio 2015

Ti adoreranno tutti i popoli della terra

Nell’ultima parte del tempo di Natale la Chiesa celebra la solennità dell’Epifania del Signore. Questo antico termine, forse un po’ aulico, significa “manifestazione”.  Il  Figlio di Dio, venuto sulla terra, si rivela alle genti perché ogni uomo possa credere il lui e seguirlo nel cammino verso la salvezza eterna. La prima lettura della Messa presenta la grande visione del profeta Isaia, il quale, dopo  tutte le umiliazioni che il popolo di Israele ha dovuto subire da parte delle potenze di questo mondo, vede il momento in cui la grande luce di Dio sorgerà su tutta la terra, di modo che i re dei popoli si inchineranno di fronte a lui, verranno a lui da tutti i confini della terra e deporranno davanti a lui tutte le cose più preziose di questo mondo.

Il brano del Vangelo secondo Matteo che la Liturgia proclama in questa Solennità si presenta come il compimento di questa antica profezia. I Magi, che simboleggiano tutti i popoli della terra, raggiungono Betlemme e si prostrano innanzi al Bambino Gesù.  L’Epifania sottolinea il carattere universale della salvezza che il Signore è venuto ad offrire all’uomo. Come ricorda san Paolo, nel passo della lettera agli Efesini proposto come seconda lettura: “le genti sono chiamate, in Cristo Gesù a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Nonostante le difficoltà che l’annuncio della fede incontra nel mondo attuale, possiamo dire che davvero oggi  Cristo è conosciuto in ogni angolo del mondo. Le persecuzioni, per quanto numerose e tremende non ostacolano il piano di Dio. Il Vangelo dell’Epifania è molto chiaro nel sottolineare come Erode non abbia potuto nulla contro il Figlio di Dio. Forti di questa consapevolezza, i credenti devono rinvigorire il loro impegno missionario in ogni ambito e lavorare per evitare i contrasti e le divisioni favorendo il dialogo e la reciproca comprensione. Un simile impegno non deve però sfociare in un pericoloso relativismo religioso e culturale, che troppo spesso è celebrato il giorno dell’Epifania. Come ricorda il Beato Papa Paolo VI, nel suo celebre “Credo del Popolo di Dio”, pur riconoscendo all’esterno dell’organismo della Chiesa di Cristo, l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che tendono all’unità cattolica, credendo fermamente nell’azione dello Spirito Santo, nutriamo la speranza che tutti gli uomini si riuniscano un giorno in un solo gregge e con un solo pastore.

La liturgia di questa Solennità pone ripetutamente all’attenzione dei credenti l’atteggiamento dell’adorazione.  Adorare significa, letteralmente, rendere a Dio, e a lui solo, il culto che gli è dovuto. Colui che adora riconosce in Dio il sommo bene e si arrende amorevolmente alla sua grandezza offrendo tutto se stesso.  I Magi sono un mirabile esempio di questo, in particolare attraverso due loro gesti riportati dal racconto evangelico. Anzitutto il “prostrarsi”, che può essere facilmente considerata la postura emblematica dell’adorazione e, in secondo luogo, l’offerta di doni preziosi. Nell’oro, nell’incenso e nella mirra donati a Gesù  la tradizione ha visto rispettivamente la professione di fede nella regalità e nella divinità del Bambino di Betlemme, ma anche, attraverso l’ultimo dono, un preludio della sua Morte redentrice. Con la mirra erano infatti trattati i cadaveri prima della loro sepoltura. Ancora oggi, come ricorda la preghiera sulle offerte della Messa dell’Epifania, la Chiesa continua ad adorare il suo Dio con doni preziosi. In ogni Celebrazione Eucaristica essa offre al Padre il suo più grande tesoro: non più oro incenso e mirra, ma il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Cristo Signore realmente presente sotto le specie del  pane e del vino.

Infine non possiamo dimenticare che la Solennità dell’Epifania riveste anche un significato escatologico. Infatti solo alla fine dei tempi, quando Cristo tornerà glorioso sulla terra, nessun uomo potrà sottrarsi dal prostrarsi innanzi a lui e la nostra adorazione sarà davvero perfetta. Per questo imploriamo il Signore, che ha rivelato alle genti il Suo unico Figlio di condurre anche noi, che già lo conosciamo per la fede, a contemplare la grandezza della sua gloria.

fr Alessandro Benedetto M. Amprino

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