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17 gennaio 2010

I. Saluti e baci

Una volta la vita religiosa comportava penitenze di ogni tipo. Oggi molte di queste ci sembrerebbero assurde e comunque sono passate in disuso. Una, però, è rimasta: lo studio del latino. Io, che il latino l'ho dimenticato il giorno dopo la matura, sono costretto a ripescarlo nel pozzo profondissimo e oscuro della mia -labile- memoria.

Per esercitarmi ho preso in mano una lettera che Umberto di Romans, quinto Maestro generale dei domenicani, ha scritto ai suoi confratelli sul tema dei tre voti religiosi. Siccome è una lettura divertente e - udite! udite!- perfino utile ed interessante (altro che quei soloni della classicità!), ho pensato bene di condividerne con voi il contenuto offrendo, con regolarità settimanale, la traduzione di un paragrafo. E cominciando dall'inizio, oggi si parte dai saluti e dall'oggetto della lettera.

Una sola avvertenza: le mie traduzioni potrebbero essere non sempre filologicamente correttissime... i commenti ci sono anche per eventuali correzioni da matita blu o rossa o verde.




Figli della grazia e coeredi della gloria, fratelli tutti carissimi dell'ordine dei Predicatori, io, fra Umberto, maestro e servo del medesimo ordine, vi auguro una vita gradita a Dio, fruttuosa per voi stessi, dolce per gli angeli, terribile per i diavoli ed esemplare per gli uomini.

Dilettissimi, ciò che non porta onore e lode a Dio non vale un bel nulla. Quindi, in virtù del mio ruolo e per carità fraterna, devo più spesso ficcarvi bene nelle orecchie, ora scrivendovi ora ammonendovi, gli atti virtuosi che dovete fare e quelli malvagi che dovete evitare.

Ma siccome è chiaro che, in conformità alle facoltà gemelle dell'intelletto e dell'affetto, la perfezione dell'anima è formata da virtù e sapienza, allora conviene che l'uomo evangelico sia dotato di entrambe, affinchè venga diretto al bene dalla prima e al vero dalla seconda, grazie alla prima arda e grazie alla seconda risplenda, sia potente nelle opere per la prima e per la seconda nella predicazione, secondo l'esempio di colui che si mise a fare ed insegnare (Atti 1).

Perciò ho ritenuto di spedire alla vostra benevola attenzione questa lettera che vi ricordi e vi insegni ad osservare la disciplina regolare. Iniziamo dunque dall'obbedienza, che è uno dei tre voti religiosi essenziali, a lode e gloria di Colui che è origine e fine di tutti i beni. Amen.

Continua qui.

2 commenti:

  1. Una volta la vita religiosa comportava penitenze di ogni tipo. Oggi molte di queste ci sembrerebbero assurde e comunque sono passate in disuso.

    Beh, peccato. Ritengo che il "rammollimento" della vita religiosa sia una delle maggiori cause della scarsità di vocazioni, proprio perché il tutto viene percepito come poco impegnativo, meno "missione" di una volta.

    Studialo il latino, che ci vole ;). E grazie per gli scritti, sembrano molto interessanti...

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  2. x lore: anch'io mi augurerei una maggiore radicalità nella vita religiosa. cerco di incominciare dalla mia e mi accorgo che non è facile.

    una cosa che ad esempio sarebbe bello recuperare è la cura del silenzio. a taizè si rimaneva in silenzio per la prima metà di ogni pasto ed era molto bello.

    cmq. i frati un po' più anziani a volte raccontano di quando c'era "la venia" o "il capitolo delle colpe" e, da come la raccontano, si capisce che non si è smesso per "rammollimento", ma perchè quelle pratiche avevano ormai perso il loro significato ed erano diventate semplici formalità o cose su cui scherzarci sopra (specie se i destinatari esclusivi erano novizi e studenti).

    personalmente penso che non ci si debba attaccare alla forma, ma che la vita spirituale debba cercare sempre nuove forme adeguate alle condizioni, alla mentalità e al linguaggio di chi le pratica.

    ps. umberto è un beato.

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