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2 febbraio 2010

Sessualità ed Eucarestia - I

A volte, il sabato pomeriggio, i prenovizi più intraprendenti vanno accompagnano frate Roberto nel suo giro "dei vasi di Bergamo". Saliamo a piedi fino a Sant'Agostino, poi costeggiamo le mura fino a Campo Aperto e da lì prendiamo la destra. Ad un certo punto si apre un sentiero pedonale a sinistra che ci porta ancora più in quota. Circumnavighiamo il colle san Vigilio e sbuchiamo al Campo dei Tedeschi. Da lì torniamo a casa dall'altro lato del colle.

Durante una di queste passeggiate discutiamo di più e del meno, delle nostre cose "nerd", dello stato dell'ordine dei predicatori e della nostra formazione. Una volta ci siamo chiesti se il tema della sessualità venga affrontato adeguatamente durante il nostro percorso di formazione. Allora fra Roberto, appena rientrato nella sua cella, ha acceso il computer e ci ha mandato una lezione di Timothy Radcliffe, già maestro generale dell'ordine. Noi la pubblichiamo qui, un post alla volta per facilitarne lettura e meditazione.


Intervento di Timothy Radcliffe alle "Giornate nazionali di pastorale giovanile vocazionale" della Conferenza dei religiosi spagnoli, a Madrid (8-10/10/04)


Non sono sicuro del significato esatto della parola "affettività" in spagnolo. In inglese "affectivity" implica non solo la capacità di amare, ma anche il nostro modo di amare in quanto dotati di sessualità, dotati di emozioni, corpo e passioni. Nel cristianesimo parliamo molto di amore, ma dobbiamo amare come siamo, con la nostra sessualità, i desideri, le forti emozioni, la necessità di toccare e stare vicini all'altro. È strano che non ci venga bene parlare di questo, perché il cristianesimo è la più corporale delle religioni. Crediamo che è stato Dio a creare questi corpi e a dire che erano cosa molto buona. Dio si è fatto corpo fra di noi, essere umano come noi. Gesù ci ha dato il sacramento del suo corpo e ha promesso la resurrezione dei nostri corpi. Sicché dovremmo sentirci a casa nella nostra natura corporale, appassionata… e a nostro agio nel parlare di affettività! Eppure quando la Chiesa parla di queste cose, la gente non rimane convinta. Non abbiamo abbastanza autorità quando parliamo di sesso! Dio si è incarnato in Gesù Cristo, ma forse noi stiamo ancora imparando ad incarnarci nei nostri stessi corpi. Dobbiamo scendere dalle nuvole!

Una volta san Crisostomo, che stava predicando sul sesso, notò che alcuni arrossivano e si indignò: "Perché vi vergognate? L'argomento non è puro? Vi state comportando come eretici" (12ma omelia sull'epistola ai Colossesi). Pensare che il sesso faccia repulsione è un fallimento dell'autentica castità e, secondo nientemeno che san Tommaso d'Aquino, un difetto morale! (cfr. IIa-IIae, qu. 142, art. 1). Dobbiamo imparare ad amare per quello che siamo, esseri dotati di sessualità e di passioni - a volte un po' disordinati - o non avremo niente da dire su Dio, che è amore.

Voglio parlare di Ultima Cena e sessualità. Può sembrare un po' strano, ma pensateci un momento. Le parole centrali dell'Ultima Cena sono state: "Questo è il mio corpo, offerto per voi". L'eucarestia, come il sesso, è centrata sul dono del corpo. Vi rendete conto che la prima lettera di san Paolo ai Corinzi si muove fra due temi, la sessualità e l'eucarestia? Ed è così perché Paolo sa che abbiamo bisogno di capire l'una alla luce dell'altra. Comprendiamo l'eucarestia alla luce della sessualità e la sessualità alla luce dell'eucarestia.

Per la nostra società è molto difficile capire questo perché tendiamo a vedere i nostri corpi semplicemente come oggetti che ci appartengono. (...). Se pensi al tuo corpo in questo modo, come la cosa più importante che possiedi insieme ad altre cose, allora gli atti sessuali non sono particolarmente significativi. Posso fare quel che mi pare con le mie cose se non faccio male a nessuno. Posso usare la mia lavatrice per mescolare pitture o impastare. È mia. E dunque, perché non posso fare quello che voglio con il mio corpo? È un modo naturale di pensare perché, a partire dal XVIII secolo, abbiamo assolutizzato quanto basta i diritti di proprietà. Essere umani è possedere.

Ma l'Ultima Cena guarda ad una tradizione più antica e più saggia. Il corpo non è solo una cosa che possiedo, sono io, è il mio essere come dono ricevuto dai miei genitori e dai loro prima di loro e, in ultima istanza, da Dio. Per questo quando Gesù dice "Questo è il mio corpo, offerto per voi" non sta disponendo di qualcosa che gli appartiene, sta passando agli altri il dono che lui è. Il suo essere è un dono del Padre che Egli sta trasmettendo.

Qui sta la seconda parte.
Qui, invece, il testo integrale.

9 commenti:

  1. http://wxre.splinder.com/post/20491965

    Se quella qui sopra è la visione della sessualità di Radcliffe (si veda in fondo all'articolo), ci credo che non convince!

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  2. caro Lore, cos'è che trovi di sbagliato in quello che ha scritto Radcliffe?

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  3. ma davvero Radcliff scrisse una lettera aperta all'ordine dei domenicani per chiedere che anche gli omosessuali possano essere ammessi nell'ordine senza fare alcuna «discriminazione»? la situazione di un omosessuale in una comunità maschile potrebbe risultare non molto felice...e viceversa (soprattutto viceversa)

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  4. Pier Damiani, battute volgari a parte, penso tu ti riferisca a questa:

    http://www.gionata.org/chiese-e-omosessualit/approfondimenti/una-riflessione-su-omosessualita-e-vita-consacrata.html

    il punto di p. Timothy (che io condivido) è che, se una persona vive in castità, il suo orientamento sessuale non conta. Come tu ben sai, l'omosessualità non è peccato e non è dall'orientamento sessuale che dipende la santità.

    Personalmente non so se ci sono frati omosessuali nella mia comunità. Posso, però, riferire la testimonianza di fra Roberto che dice di averne conosciuti e che il loro orientamento non è stato mai un problema. Questo basti a rispondere alle tue insinuazioni.

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  5. il punto di p.timoty è applicabile solo nelle comunità di eremiti...infatti,avere un orientamento omosessuale significa avere un disturbo: anche mantenendo la castità, il disturbo resta e produce i suoi frutti.la tua giovane età e il tuo entusiasmo di prnovizio ti danno un pò troppo ottimismo.ma prima o poi capirai quanto è odioso e dannoso avere a che fare con compagni e superiori omosessuali sebbene casti.

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  6. Pier Damiani, io ho riferito quanto mi è stato detto da un padre domenicano non più giovanissimo. Non so se tu hai esperienze di vita religiosa diverse.
    fatico, cmq, a comprendere per quale ragione un confratello casto e omosessuale mi debba essere dannoso.

    Ricollegandomi al post di Luca G. "Fatti e parole", penso che un accompagnamento psicologico professionale sia fondamentale per poter discernere la propria vocazione anche sotto questo punto di vista.

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  7. se dici così significa che per te castità omosessuale significa evitare atti sodomitici in pensieri parole opere e omissioni.credi forse che basterà? sarà sufficiente per vivere in comunità?crediamo forse che basta davvero un accompagnamento psicologico per equilibrare quello che è oggettivamente uno squilibrio? nella mia passata esperienza di vita religiosa ho visto tante volte come quello squilibrio psichico e affettivo provochi danni ( e sono stato danneggiato anche io,da un castissimo omosessuale con tutte le sue piccolissime ma invincibili simpatie e gelosie).nella mia esperienza ho ripetutamente appreso che l'orientamento omosessuale è incompatibile con la vita religiosa comunitaria.una volta agli omosessuali desiderosi di vita religiosa si consigliava una vita in ordini penitenziali:oggi invece li si fa entrare dappertutto...e i risultati lì abbiamo davanti agli occhi oggi.l'intelligente Radcliffe non li vide,magari perchè troppo impegnato a trovar scuse per far entrare omosessuali tra i domenicani.La sua lettera del 1998 è un danno per tutti i domenicani ed è anche un danno per gli omosessuali che da allora ad oggi sono stati ammessi tra i domenicani.Veramente il capitolo di CAleruega del 1958 intendeva orientamenti in senso gayfriendly? oppure intendeva semplicemente uomini e donne e Radclife invece ha forzato quella interpretazione ad usum gayorum?

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  8. spero di avere la possibilità di vedere e giudicare da me.

    al momento mi pare che "invincibili simpatie e gelosie" ci siano anche tra eterosessuali e che la difficoltà della vita consacrata comunitaria consista molto più nella capacità di accettarsi, rispettarsi ed amarsi per quello che si è, con le proprie idee teologiche, liturgiche e politiche, il proprio carattere e la propria spiritualità.

    se non entro troppo nel personale, oso porti anche questa domanda: quali sono i danni causati ai domenicani dall'ingresso di omosessuali?

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