Pagine

14 febbraio 2010

VII-VIII. Solo per amore

I seguenti paragrafi della lettera del beato Umberto di Romans ai suoi confratelli domenicani sono crudi (e la mia traduzione non ha fatto nulla per addolcirne la crudezza): il nostro corpo va inchiodato alla croce dell'obbedienza, la nostra volontà va offerta in olocausto, sgozzata e bruciata, noi dobbiamo diventare come docili animali che non hanno bisogno né di frusta né di speroni per ubbidire. La radicalità della vita evangelica è questa, non c'è nulla di romantico e fa tremare i polsi (almeno a me). Sono cose da pazzi, da pazzi innamorati.

E Umberto, infatti, ce lo dice chiaramente che quello che trasforma l'ubbidienza, la dilata e la valorizza e la rende spontanea e immediata, è l'amore. Un frate (ma questo vale anche per tutti i cristiani) non deve ubbidire perchè deve, perchè qualcuno glielo impone, fosse anche Dio in persona. Un frate ubbidisce perchè ama e all'Amore non si può non ubbidire.


Chi ama la propria ragazza, non aspetta che sia a lei a chiedergli un mazzo di fiori per regalargliene uno. Chi ama la propria ragazza cerca sempre di intuire quali siano i suoi desideri per realizzarli prima ancora che vengano espressi. E non fa tutto questo per paura che lei lo lasci. Lo fa perchè la ama e non c'è bisogno di altro. L'amore è il motore di chi ama, non la paura.


E' lo stesso anche per i frati, per tutti i religiosi e per tutti i cristiani nei confronti di Dio. Se Dio è padre (anzi papà) buono, come posso avere paura di lui? Come posso non pensare che Lui non voglia altro che il mio bene? Come posso non rispondere al Suo amore incondizionato?



VII. Allora, fratelli, la vostra obbedienza sia devota. Infatti bisogna accollarsi gli ordini, con la stessa devozione che avremmo se fosse Dio in persona a darceli. Infatti, noi non obbediamo agli uomini, ma, nell'uomo, a Dio. E' fuori di dubbio che offrirete un sacrificio gradito al Redentore nel momento in cui proprio per lui vi sottometterete alla volontà di un altro. Volesse il cielo, fratelli, che fossimo crocifissi con Cristo nell'ubbidienza, in modo che, così come le sue membra furono fissate con i chiodi, così anche le nostre siano inchiodate agli ordini dei nostri superiori; sapendo con certezza che saremo tanto più liberi presso Dio, quanto più devotamente ora limitiamo noi stessi.

Ed infatti, non a caso questa virtù viene preferita alle vittime sacrificali (1Re 15), perchè nell'obbedienza si macella in olocausto a Dio onnipotente la propria volontà, mentre con un sacrificio si macella carne altrui. Nei digiuni, e nelle veglie, e nelle preghiere ci possono eguagliare i laici, che, quando giudicheremo con Cristo nel giorno del giudizio, sopravanzeremo, proprio perchè saremo stati migliori di loro nel rinunciare alla nostra volontà e nell'obbedienza (Mt 19). Quindi, dobbiamo stare attentissimi a non zoppicare affatto sotto questi due aspetti.

VIII. L'obbedienza sia anche volontaria: non abbia bisogno nè di frusta nè di speroni, ma si muova al minimo fischio. Infatti, l'obbedienza che osserva gli ordini è lodevole; ancora più lodevole è quella che ottempera a consigli e ammonimenti; ma degna di ogni possibile lode è quella che si conforma ai desideri di chi ordina.

Ma valgono un nulla quelli che vogliono sentirsi dire dai propri superiori quello che garba a loro, piuttosto che fare le cose dette come se garbassero. E che desiderano che il superiore obbedisca loro, e non viceversa. Questi sono tutti preoccupati di imitare non l'apostolo delle genti che disse: Signore, cosa vuoi che faccia? (At 9), ma il cieco a cui il Signore disse: Cosa vuoi che ti faccia? (Lc 18, Mc 10).

E' chiaro, quindi, fratelli miei, come ci siano due tipi di obbedienza: una che viene dall'obbligo, e un'altra che viene dalla carità. La prima osserva gli ordini, la seconda si fida di consigli e ammonimenti. La prima è limitata dal suo essere obbligata, l'altra viene dilatata dall'ampiezza dell'amore. La prima, in virtù dell'essere imposta, è propria dei servi; la seconda, in virtù della libertà di spirito, è propria dei figli. E comunque sarà tanto più accetta quanto meno sarà dovuta.

continua qui.

2 commenti:

  1. ^__^ hai detto bene caro Luca:
    Sono cose da pazzi, da pazzi innamorati!

    se non ci si innamora davvero, difficile comprendere perfino perchè Dio mandò il Suo unico Figlio per morire atrocemente sulla Crose PER AMORE....
    Si pensa di conoscere la Chiesa studiandola, di trovare Dio con le prove, di avviare una famiglia per sentirsi soddisfatti....ma se alla base manca l'Amore, quello vero naturalmente, si finisce per fallire o per diventare mediocri...

    Ringrazio Dio di essermi innamorata della Chiesa per come santa Caterina da Siena si innamorò follemente della Chiesa e del ruolo del "Dolce Vicario di Cristo in Terra" da chiamarlo "Babbo mio dolce"...
    ^__^

    Amare la Croce era follia e stoltezza già dai tempi di san Paolo, figuriamoci oggi... eppure è questo Amore che ancora oggi muove tutto e sublima l'Amore stesso sia esso sfociato nel sacerdozio quanto nel Matrimonio: due Sacramenti distinti ma con entrambi alle fondamenta LA FOLLIA DELLA CROCE...
    ^__^

    Santa Quaresima a tutti!

    RispondiElimina
  2. grazie per il tuo bel commento.
    ricambio gli auguri di buona quaresima!

    RispondiElimina